domenica 1 novembre 2009

Operazione nostalgia in questo week-end. Lo spunto, il "la" l'ha scatenato una esibizione di De Gregori con Morgan l'altra sera, che mentre facevo zapping catturarono la mia attenzione con una bella versione unplugged della splendida "Il suonatore Jones" di Fabrizio De Andrè. In un attimo mi è tornata in mente la messa in scena teatrale dell'estate 1986. Ma andiamo con ordine. In quell'estate si celebrava la sospirata maturità per me e Giovanni, lui al classico, io all'industriale. 
Due vite parallele le nostre, in comune le classi elementari e medie e la parrocchia (nella foto di terza elementare lui il primo a sx in prima fila, io il quarto). Per un paesino di provincia con due sole parrocchie, che si dividono quasi a metà la popolazione, con stili e metodi diversissimi (con preti più moderni e progressisti la mia parrocchia, un po’ più tradizionalisti nell'altra) riunire in un unico progetto una quindicina di giovani di entrambe le parrocchie fu un evento. Le ragazze di parrocchia Santi Medici portarono una riflessione sul tema della libertà (e sulle note di De Andrè, appunto), noialtri di parrocchia S. Antonio di Padova, artefice Giovanni per la ricerca dei testi, portammo in scena un dramma sessantottino, con coraggio ed incoscienza totale. L'estate da maturati la spendemmo per le prove nel salone parrocchiale ed inevitabilmente il pretesto era quello della commedia da mettere in scena mentre c'erano delle interessanti relazioni che stavano nascendo… Comunque arrivammo al 30 settembre, invitammo un centinaio di spettatori tra parenti e parrocchiani, ignari di quanto di lì a poco avrebbero seguito. 
Perché dopo l'innocuo duetto danzante (belle le coreografie di Enzo e Clara), la storia che mettemmo in scena (il titolo era qualcosa come "Storia di questa mattina", non ricordo assolutamente l'autore) era dura e dall'epilogo tragico. Bruno (io) e Ignazio (Giovanni) interpretavamo due compagni di lotta contro il sistema, dalla estrazione sociale molto differente: il primo figlio di borghesia e l'altro rivoluzionario proletario.
Il rapporto conflittuale dei due colora la vita del movimento di lotta: c'è la dolce Rosalì (Mietta) che è attratta da Bruno, la passionaria Mari (Rosanna) e Ignazio, il leader del gruppo, che prepara azioni dimostrative a forza di molotov e striglia tutti a concentrarsi sul fine politico e non lasciarsi incantare da Bruno l'artista, l'ex-borghesino ancora non del tutto redento.
Bruno riceve visite dal padre che tenta di convincerlo a rientrare da lui, dove gli offrirebbe un posto da dirigente nella sua azienda. 
Lui non cederà, ma comincia a maturare l'idea di lasciare il movimento, per andare a lavorare da operaio metalmeccanico e cambiare il mondo dal basso, abbandonando la rivoluzione violenta.  Poi l'imprevisto: durante una manifestazione di piazza Ignazio colpisce un poliziotto, ammazzandolo; al rientro in sede Bruno lo convince a costituirsi, ma il movimento è deciso a fargli pagare quel gesto che vedono come un tradimento. 
L'epilogo giunge mentre Bruno scrive una lettera all'amico Paolo, missionario laico in Africa, nella quale lo aggiorna sulla sua 'lotta' e manifesta l'intenzione di lasciare il movimento.
Un mattone di rappresentazione teatrale (qui si dice anche un 'chiancone'), dialoghi chilometrici zeppi di termini come 'classe borghese', 'proletariato', 'fascisti' e 'compagni', che comunque raccolse applausi (più per l'impegno profuso che per i contenuti) nonostante la recitazione acerba di ragazzi poco più che adolescenti ed una scenografia essenziale.
Appena dopo aver sentito la canzone l'altra sera, mi è ritornato in mente che dell'evento esisteva una videocassetta: cerca di qua e di là, eccola! La passo in DVD e visto che sabato eravamo a cena proprio da Giovanni e Rosanna (che guarda un po’, in quell'estate del 1986 si sono conosciuti, nonché anni dopo sposati e diventati genitori di due splendide bimbe), ospite anche Mario e famiglia (anche lui nella foto scolastica di sopra, proprio alle mie spalle) l'ho tirato fuori et voilà, operazione nostalgia è servita.
Sono saltati fuori tutte le tresche ed i retroscena delle prove
(es. la scena in cui Bruno doveva dare un pugno a Ignazio l'avremo provata almeno 15 volte, non mi riusciva proprio di sferrare un pugno ad un amico per esigenze sceniche…), ci siamo stupiti di come diavolo abbiamo fatto a mettere in scena un testo così tosto e naturalmente con gli anni passati abbiamo faticato un po’ per farci riconoscere ai figli.
C'era un'atmosfera di insolito ottimismo sabato sera, un vino rosso che scorreva come non ricordavo da anni … bella serata ma la notte il vinello faceva l'altalena! Non riesco a credere, pur nei limiti delle ingenuità interpretative di quell'età, che una analoga generazione oggi si possa cimentare in un'impresa simile… attendo smentite!

1 commento:

utente anonimo ha detto...

Grande Beppe.
Ignazio ;-))