martedì 2 giugno 2009

Il 2 giugno è una data simbolica per me profondamente repubblicano. Tre anni fa inauguravo, non a caso, il mio nuovo studio, tirato su a botte di rinunce e impegni bancari. E sul ruolo sociale che ha il mestiere del libero professionista vi dedicherò un post a parte, ora non è il caso di soffermarsi.
Perché repubblicano, perché questo termine desueto in questi tempi della cosiddetta "seconda repubblica"? Perché dipendesse da me manderei via a calci in culo almeno il 90% degli attuali parlamentari, li manderei a fare una professione, a fare gli impiegati, i docenti, i liberi professionisti, a pagare le tasse ad uno sportello bancario, li butterei nella società civile ad affrontare i problemi quotidiani di un'Italia che, ne sono convinto, non conoscono. Qualunquismo? No, affatto. E' che di fronte ad una situazione politico-economica così sclerotizzata attorno ad un sistema corrotto ma funzionale, il ricambio, anzi l'azzeramento di una classe politica è il minimo che si possa pensare per sperare in un futuro. Ho sofferto per le stragi di Capaci e Via D'Amelio, ho seguito il processo Mani Pulite e le gesta dei valorosi magistrati che scoprivano quel calderone. Centrodestra? Neanche a pensarne. Eppure nel '94 anch'io sono stato attratto dal sogno dell'uomo che scendeva in campo. Mi è spiaciuta anche la prematura caduta di quel governo, pare ad opera dello sgambetto dell'alleato politico leghista. Ho assistito anch'io al balletto dei governi di centrosinistra che si sono alternati fino al 2001. Ho finalmente aperto gli occhi quando ho rivisto a braccetto gli stessi alleati politici del '94, insieme per puro interesse numerico, ancora ed incredibilmente vincenti tornare al governo con slogan vecchi. Da quel momento per me è stato chiaro che l'Italia aveva finalmente il governo che si meritava: un governo panem et circenses. Poi, pure scettico, ho sperato nel primo governo di sinistra, il primo vero, quello dell'economista internazionale dalla chiara fama, ho vissuto quelle liti interne di normale democrazia, di necessaria dialettica, fino allo stillicidio-suicidio finale, perché non si può mandare a mare il governo di una nazione anteponendo presunte proprie posizioni ideologiche (o peggio, bieco radicamento allo scranno) all'interesse nazionale. Infine si è riconsegnato il governo del paese al pifferaio magico. Responso delle urne, volontà popolare, si è poi detto. Una beneamata cippa, rispondo. Perché già dal '94 e prima c'è in Italia chi conosce bene un meccanismo che permette di ottenere risultati gestendo sapientemente alcuni parametri e determinati eventi con l'appoggio dei media. Senza voler fare il politologo o il sociologo ma semplicemente leggendo i fatti e ricollegandoli (perché attenzione, oggi la capacità critica non è più materia di insegnamento a scuola) ho tratto l'impressione che il giocattolo funzioni ancora e che schiacciando la combinazione giusta di tasti ancora il miracolo di (far) vincere le elezioni si replicherà. Mai come in questi giorni sto bene e ritrovo il mio equilibrio quando sto lontano dalla tv per più giorni consecutivi. Riesco a farmi un'opinione più obiettiva leggendo i giornali sul web, meglio se più di uno e mettendoli impietosamente a confronto: il cattivo giornalista è più facilmente individuabile così, senza le sirene di una voce suadente o di una inquadratura a perfetto mezzobusto. Tv, cattiva maestra. Ricordo un episodio: era la campagna elettorale del '94 e c'era un faccia a faccia tra Berlusconi e Occhetto. Non potei fare a meno di notare quanto diverse fossero le inquadrature riservate ai due: perfettamente stabili e debolmente filtrate con un pizzico di cross-screen le prime, crude e con leggero ma fastidioso micromosso le seconde. E chi vinse? Poi negli anni gli strumenti della persuasione si sono fatti più raffinati, giocando sui sentimenti comuni, sulle paure, sul paradosso, sulle certezze, correggendo il tiro di tanto in tanto con qualche scandaletto ad-hoc. Balle, tutte pregevoli, indorate e profumatissime balle. Se sei fortunato ti ritrovi a credere nel contrario di cui credevi prima, senza neanche accorgertene. Per chi non crede in questo gioco di frittate rivoltate, per chi crede che in passato l'Italia abbia avuto veri statisti e che oggi ci siano ancora ma che non siano propriamente quelli che sono al governo, vorrei lanciare un appello: di resistere, di non lasciarsi travolgere dalla crisi dei valori (perché quello che deve realmente far paura oggi non è la cosiddetta crisi economica – con un minimo di memoria, finchè ce ne danno l'opportunità, è facile constatare che non è davvero questo il peggiore dei periodi storici per l'economia) e per chi avrà nervi e polsi saldi oggi sarà bello ritrovarsi domani con un'Italia da ricostruire su altre basi, solide più del mattone, del mattone o della canna di un fucile.
Buon 2 giugno a tutti!



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