martedì 30 aprile 2013

Ho diversi motivi per essere deluso dalla elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Anzitutto perchè una ri-elezione di un presidente, nelle modalità di come poi si è sviluppata, equivale ad una chiusura su se stessa della politica. Un arroccarsi attorno a posizioni consolidate per paura di un futuro nuovo ma incerto ed una certa sufficienza nei confronti dell'elettorato: la distanza tra politica e cittadini è inevitabilmente aumentata. Poi si aggiunga un pericoloso effetto collaterale: la caduta della fiducia nell'ultima istituzione ancora risparmiata dalla malapolitica di quest'ultimo ventennio, proprio il Quirinale. Il senso dello Stato barcolla. Poi, altro motivo di delusione è questo incarico rapido al nuovo Primo Ministro, che poi ha partorito il governo che oggi leggiamo sui quotidiani: una conferma del mio scetticismo di cui alla riconferma presidenziale. La politica che basta a se stessa, la consultazione elettorale praticamente inutile, una certa sinistra implosa sotto il peso di un vantaggio elettorale minimo (il tempo dirà se ciò è stato un bene) e di una legge elettorale machiavellica, un senso di impunità diffuso, aumentato se si vuole, rispetto al passato. L'attentatore di Palazzo Chigi del 28.04, comunque lo si voglia leggere, gesto isolato o complotto, è perfettamente inscrivibile in questo quadro. Ma per chi come me continua a lavorare e pagare regolarmente le tasse, a rispettare le leggi e ad insegnare il senso civico ai propri figli sorge il dubbio di avere un carico eccessivo sulle spalle, di volersi scaricare da responsabilità imposte, di voler finalmente augurarsi un futuro da media europea. E' troppo? Non credo. Semmai decisamente troppo poca è la pazienza residua, persino per uno come me che di pazienza ne ha da vendere: spero che tutto questo potere dei pochi sulle spalle dei tanti crolli presto, e se servirà una spinta a farlo crollare, io ci sarò. Per ballarci sopra a ritmo di rock-n-roll, un giorno.


L'immagine non ha a che fare col testo, ma è un segno di speranza, anzitutto a me stesso, una voglia di rimanere aggrappato a quanto di più mi è caro, in questo momento di tormenta.