Della sopravvivenza (ovvero dei momenti bui e degli espedienti per farseli passare) – pt.1
Sono lieto di aver rimosso il periodo universitario. Sono vissuto cinque anni con la consapevolezza di non aver nessuna voglia di familiarizzare con la città, una città utile semmai per raggiungere obiettivi. Freddamente, come una escort di lusso per il suo mecenate.
Dalle nostre parti non è come quei bei college americani e la vita degli studenti fuori-sede non è proprio esaltante. Così mi ritrovavo, anni fa, a guardare quella frazione di steradiante di cielo, stretto tra i palazzotti anni ’30 della Bari murattiana, dalla finestra di quella casa in affitto.
Maturai un concetto poco rassicurante: se sei alla ricerca di un posto dove sentirti a casa fuori di casa, il mondo è troppo piccolo. Ossia: fai presto a fare il giro del mondo, per trovarti agli antipodi solo per fuggire da qualcosa, da qualcuno, ma per quanti sforzi tu voglia fare, quello non sarà mai un luogo dove sentirti a casa. Quindi cambi posto, e ancora, ma quando pensi di aver raggiunto il posto giusto, non ti senti ancora a casa.
Il mondo è stretto quando non sei in pace con te stesso.
Avevo bisogno di un’àncora di salvataggio: quel pezzo di cielo, beato e sorridente in mezzo al traffico, doveva darmi la soluzione. Ma sì, come avrei potuto non riconoscerlo: era sempre lui! Il cielo rubicondo delle mie migliori giornate tra l’erba, a cavalcioni sui muretti a secco della mia Murgia, vento tiepido sulla faccia e un bacio sulla fronte di zia/zio Sole al tramonto. E il mondo ridiventava grande.Passato il magone, via giù sugli appunti e avanti con gli studi. Giorno dopo giorno, stagione dopo stagione…
On air: Joe Jackson - Shanghai Sky
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