Nei giorni scorsi si è (facilmente) contrapposto il clamore dei 6 militari morti in Afghanistan con la silenziosa strage dei morti sul lavoro (circa 3 morti al giorno, l'anno scorso 1.120 vittime, una realtà con andamento pressoché costante negli ultimi anni). Ma non è neanche questo contrasto l'aspetto clamoroso, quanto il fatto che lo spot governativo che circola in questi giorni sulle morti bianche indichi come soluzione la battaglia al lavoro nero. Bugia colossale (insieme a tante altre di questi tempi), perché chi opera nel mondo del lavoro, specialmente nell'industria e nel settore dei servizi sa benissimo che sicurezza = costi. Dobbiamo quindi dire quello che tra i denti si dicono tutti: non è possibile mandare avanti un'impresa in questi ultimi anni se non si lavora tanto, in fretta e tagliando i costi ove possibile. Tutte le voci "superflue" devono essere tagliate, altrimenti sei tagliato tu dal mercato e un'altra impresa a costi minori farà il tuo lavoro. Dunque risparmiamo sulla formazione, sull'informazione, sui dispositivi di sicurezza, eccetera: sono costi e tempi su cui si può risparmiare. Poi a seguire risparmiamo sulla qualità dei prodotti e sulla manutenzione; invece sulla retribuzione no, le assunzioni sui luoghi di lavoro sono obbligatorie (almeno a questo ci siamo arrivati, altro che balle), ma al minimo sindacale ovviamente. Tra liberismo e miope politica economica si va avanti a tentoni, confidando nella leggendaria italica capacità di arrangiarsi. Fino a quando?
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